Necropoli del Vallone di San Lorenzo, chiusa la campagna di scavo 2023

Una nuova tipologia sepolcrale che mancava finora all’appello è emersa durante gli scavi alla Necropoli del Vallone di San Lorenzo a Montecchio. Ne danno notizia l’amministrazione comunale e il gruppo di studio italo-statunitense, composto da venti ricercatori, che da anni opera nella zona. Il ritrovamento del luglio scorso, secondo gli esperti, è un ulteriormente indice della multiculturalità di un centro umbro fortemente etruschizzato.

Una nuova area indagata tra quelle già interessate dalle campagne 2017-2019, ha infatti consentito l’individuazione di due tombe a fossa scavate nel conglomerato argilloso locale, con una copertura realizzata con lastre di travertino. Le fosse poco profonde erano tuttavia contenitive di un ricco corredo. Ogni sepoltura ha difatti restituito una decina di forme vascolari tra cui olle per utilizzi legati al pasto quotidiano e forme in bucchero di ottima fattura importate da Orvieto, vicino centro egemone dei mercati ceramici. Altri contenitori sono stati ricondotti ad una produzione locale che, nonostante la minore qualità esecutiva, è tuttavia indice di alto valore culturale poiché legata alle connotazioni demiche della comunità locale da cui deriva.

Tra le forme che denotano alcune particolarità è presente un’olla cilindro-ovoide forata sul fondo per funzioni rituali legate alla sfera funeraria, avvenute durante l’inumazione del defunto, o utilizzate in vita per i culti demetriaci legati alle pratiche agricole, di cui tale comunità era totalmente dipendente, vista anche la grande quantità di olle rinvenute durante tutte le campagne di scavo in corso dal 2017. Altra particolarità emersa in una fossa, la cui presenza di un pugnale in ferro caratterizzava il genere maschile del proprietario, è il ritrovamento di un altare-mensa quadrangolare di travertino, posto sopra le lastre di copertura della fossa, su cui era stata intenzionalmente lasciata in offerta un’olla in una fase successiva alla prima deposizione.

All’interno dell’olla era ancora presente una sostanza alimentare che potrebbe essere ricondotta al cosiddetto pelanos, una focacci, o meglio una farinat, di spelta, un antico grano di tradizione mesopotamica, offerto agli dei inferi per accogliere il defunto nell’oltretomba e che trova in Grecia a Delfi un suo utilizzo nel noto santuario oracolare.  Tra i molti contenitori in ceramica comune apparsi durante le attività di scavo, uno di essi ha un’ansa dove compare una digitazione che richiama affinità stilistiche coerenti con il periodo che va dalla fine dell’età orientalizzante al primo arcaismo.

Tra i buccheri, oltre le canoniche forme di produzione orvietana, sempre presenti in ogni campagna di scavo finora affrontata, sono state rinvenute anche forme di produzione più vicine ai centri tirrenici di cui la tradizione attestata finora a Montecchio rivela rapporti con la cultura falisco-capenate. Tra le forme che denotano il passaggio tra il VII ed il VI sec. a.C. sono alcuni incensieri decorati a bande in ocra di tradizione ceretano-vulcente, mediati sempre da Orvieto, che appartengono al periodo etrusco-corinzio finale la cui produzione può essere suddivisa nei tre grandi gruppi: degli Uccelli, dei Galli Affrontati e della Maschera Umana. Alcuni di questi sono risultati intenzionalmente frammentati secondo una ritualità nota anche per i vicini centri umbri e ben documentata a Spoleto.

Le indagini geognostiche hanno consentito di mappare il tratto di terreno su cui sono state rinvenute le fosse, ed è stato possibile accertare una loro continuità in un’area estesa che potrà riservare altre novità nel corso delle successive campagne di scavo. Le indagini sono in corso anche sui reparti collinari antistanti il pianoro, dove per la prima volta è stata accertata la presenza dell’abitato, e nelle insenature scavate dai fossi immissari del vicino Tevere, riscontrando altre sepolture le cui anomalie geognostiche hanno restituito strutture circolari ancora sepolte, forse assimilabili a circoli funerari di età orientalizzante, di cui nel distretto volsiniese risultano finora poco note alla tradizione letteraria.

Dal 2017 il progetto “Montecchio Archaeology Field School” prevede la ricerca, il recupero e la valorizzazione dei beni archeologici presenti su tutto il territorio comunale. Una concessione del Ministero della Cultura, con la supervisione della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio dell’Umbria, in collaborazione con il Comune di Montecchio, l’Università degli Studi di Perugia, la Kent State University dell’Ohio (USA) e Associazione Acqua.Si rinnova dunque ogni anno, presso la Necropoli del Vallone di San Lorenzo a Montecchio, una tradizionale indagine scientifica di carattere archeologico in uno dei siti più importanti di tutta la Regione Umbria.

Anche quest’anno le indagini hanno visto all’opera, per quattro settimane, una ventina di studiosi tra archeologi e studenti dell’Università degli Studi di Perugia, sotto la direzione scientifica del professor Gian Luca Grassigli, e della Kent State University – Ohio (USA), sotto la direzione della professoressa Sarah Harvey, università statunitense che sta contribuendo alle indagini sul territorio. Gli scavi sono condotti dagli archeologi Stefano Spiganti e Francesco Pacelli, fields director delle operazioni sul campo. Lo scavo è realizzato con la concessione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali e la stretta collaborazione e supervisione di Luca Pulcinelli della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio dell’Umbria.